Le soglie della modernità: Francisco Goya.

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Pittore e incisore spagnolo nacque a Fuendetodos nel 1746.
Figura amata e controversa divenne apprendista presso la famiglia reale nel 1774.
Esordì realizzando incisioni e arazzi, in seguito venne sostenuto dall’ aristocrazia per la quale eseguì ritratti caratterizzati da scorrevolezza e intensità.
Artisticamente mutò in seguito a una malattia e i suoi dipinti divennero tetri, rappresentativi di un  mondo popolato da spettri e streghe.
A sancirne definitivamente la fama furono le rappresentazioni di guerra.
“I disastri della guerra” ciclo  realizzato tra il 1810 e il 1820 nel quale immortalò le atrocità commesse nel corso della lotta spagnola per conquistare l’indipendenza dal governo francese.

Mise così in evidenza la crudeltà dell’animo umano attraverso toni cupi ed irruento uso del chiaro scuro.
Crebbe a Saragozza dove si formò presso artisti locali, nel 1774 si trasferì a Madrid e, grazie al cognato, noto pittore, gli furono commissionati arazzi destinati alla Manifattura reale di Santa Barbara.
Già in due precedenti occasioni cercò di trovare un aggancio nella grande città presentando all’Accademia delle Belle Arti di San Fernando alcuni dipinti, ma entrambe risultarono un insuccesso.
Realizzare arazzi non fu certo un incarico di grande prestigio, ma consentì all’artista l’approdo a Madrid con commesse che arrivarono direttamente dalla corte.
Realizzò la prima sequenza di cartoni per il Principe delle Asturie, futuro re Carlo IV. A quest’ultimo il cui unico interesse fu la caccia, Goya dipinse solo scene venatorie.
Maria Luisa di Parma, moglie dell’erede al trono, volle invece degli arazzi raffiguranti svaghi popolari negati alla stessa dai protocolli reali.
Se attraverso i cartoni per arazzi fece il suo ingresso a Madrid, fu con i ritratti che raggiunse la fama tanto sospirata.

A provarlo  i titoli che nel corso del tempo gli vennero conferiti: 1786 pittore del re, 1789 pittore di corte.
In concomitanza del pubblico riconoscimento per il suo lavoro, aumentò la fiducia nelle sue capacità.
A dimostrazione di ciò occorre porre a confronto due autoritratti.
Il conte di Filordablanca” del 1793 in cui l’artista compare al margine, tra le mani stringe un’immagine non incorniciata e in attesa di approvazione. Il viso appare solo di profilo mentre lo sguardo è rivolto al conte.

Famiglia di Carlo V” del 1801, Goya è posizionato a lato del gruppo, ma mostra il volto e la sua figura appare per intero.
Fu a partire dal 1793 che prese il via la fase tetra, in cui l’artista iniziò a rappresentare visioni e incubi della mente, lasso temporale che coincise con una forte crisi: un esaurimento lo condusse a sfiorare la morte e perse l’udito.
Cosa scatenò questo stato è ancora ignoto, probabilmente una malattia fisica, anche se non è da escludere che la psiche abbia generato queste visioni a lungo celate e rimaste inespresse.
Questa serie, incluse “Incendio notturno” del 1793, “Il recinto dei pazzi” del 1794, “Il sonno della ragionegenera mostri” datato 1797/1798, “Volo di streghe” del 1798.

Per poter entrare nel merito de “I disastri della guerra” sono necessari cenni storici.
Nel 1807 l’esercito francese oltrepassò il confine e nel 1808 invase Madrid.
Il 2 maggio nel corso di una sommossa a Madrid un soldato francese venne disarcionato, la reazione del generale Murat fu immediata: il sangue francese versato richiamava vendetta e ogni spagnolo trovato in possesso di armi (quasi tutti possedevano un coltello) sarebbe stato fucilato. Furono quattrocento le persone tra mendicanti, monaci, artigiani e contadini giunti in città per vendere i prodotti, arrestati e giustiziati il giorno dopo. Il massacro scatenò violente rivolte per tutto il Paese al fine di riconquistare l’indipendenza.
A documentare i fatti Goya, il quale descrisse a livello figurativo la carneficina tanto di spagnoli, quanto di francesi, fatta di cadaveri, feriti e gesti cruenti nell’esatto momento in cui avvennero.
Nel presentare quanto accadde diede anche sfogo all’immaginazione, alle cui basi vi erano preoccupazioni e paure, queste ultime amplificate dalla sordità.
A tormentarlo torture e omicidi.
Risale al 1814, “2 maggio 1808”, al 1810/1820 le incisioni “I disastri della guerra” tra i quali vanno ricordati:
“Nemmeno qui”, raffigurazione di un impiccagione.
 “Questo è peggio”,  un uomo è trafitto da un albero.
Che altro si può fare?”, i soldati francesi uccidono un soggetto inerme.


Terminata la guerra d’indipendenza, seguì la guerra civile.
Da una parte re Ferdinando VII schierato con la Chiesa, dall’altra coloro che appoggiavano la Costituzione del 1812.
Con “Il tribunale dell’Inquisizione”, Goya denunciò il regime di terrore instaurato dalla Chiesa.
Lo stesso artista si trovò innanzi al Tribunale per difendere “Maja Desnuda”.

Nel 1809 si trasferì alla periferia di Madrid insieme a Leocadia Weiss, giovane donna sposata con la quale instaurò una relazione illegittima.
Cadde nuovamente malato e recuperata la salute tornò a dipingere.
Risalgono a questi anni, “Asmodea”, ispirato al demone che personifica l’amore illecito.
Saturno che divora i suoi figli”, nel quale la divinità è rappresentata da un mostro che sbrana il corpo del figlio.

La Leocadia”, donna dallo sguardo pensoso, la bocca chiusa, ben vestita porta il lutto e si trova appoggiata a una montagna di terra sopra al quale si staglia un cancello.

Nel giugno 1824 espatriò in Francia dove visse fino alla morte.
Negli ultimi anni dipinse “Lattaia di Bordeaux”, figura graziosa la cui espressione è avvolta dal mistero.

Classica donna del popolo che trasmette affetto, dedizione e tenerezza.
Si spense a Bordeaux nell’aprile 1827 come patriota in esilio.
A Goya il merito di aver ampliato la concezione dell’uomo e di bellezza in campo artistico.

Mara Cozzoli


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Erika Lacava, Curatrice.

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