Entra in scena Frida Kahlo

Frida Kahlo
Frida Kahlo

Vi sono modalità d’essere e forme d’arte così distintive da divenire, nel corso del tempo, planetarie.
Questo è accaduto a Frida Kahlo, pittrice messicana nata a Coyoacàn nel luglio 1907.
La donna riuscì a costruirsi una propria identità facendo leva su origini culturali, disabilità, convinzioni politiche e arte.
Scrisse poesie, realizzò molti dei suoi abiti e decorò di proprio pugno i busti ortopedici, a dimostrazione del fatto che non fu solo una pittrice, ma una donna dotata di forte spirito creativo, capace di rendere vivo tutto ciò che sfiorò.

Nel 2004, presso “Casa Azul”, dimora di Frida per tutta la vita, vennero ritrovati i suoi effetti personali: fotografie, sgargianti camicette, gonne, scialli, lettere e disegni.
A comporre la collezione di abiti, pezzi messicani provenienti da Oaxaca, Guatemala e Cina, indumenti europei e americani, oltre a gioielli, dispositivi ortopedici, scarpe e trucchi.
Tra le sedici camice e venticinque gonne Tehuana, elementi che le permisero di mimetizzare con intelligente maestria i difetti fisici, alcune furono personalizzate dalla stessa.
A determinarne la grandiosità quindi,  non solo i suoi dipinti ma uno stile energico e unico.
Afferma Circe Henestrosa, critica d’arte: “Lo stile potente di Kahlo è parte integrante del suo mito alla pari dei suoi dipinti. Ciò che la rende oggi un’icona così convincente e rilevante è l’aver costretto la propria identità attraverso l’etnia, la sua disabilità, le sue convinzioni politiche e la sua arte.

I suoi smaglianti abiti Tehuana, i copricapi suggestivi, i busti e le protesi dipinti a mano mascheravano magistralmente i suoi difetti fisici, ma erano anche una forma di autoespressione della sua arte”.
A tal proposito, la convinzione di molti studiosi, vide nell’abito non solo uno strumento per sottolineare le proprie origini, ma anche mezzo per piacere al marito, Diego Rivera.

La realtà dimostrò il contrario:  uno scatto immortalò la madre dell’artista in costume Tehuana, ciò evidenziò come l’incontro con questa tipologia di abbigliamento coinvolse da sempre Frida, indipendentemente dalla presenza di Diego.
Marta Tukok, antropologa messicana, la descrisse come : “Tipica artista Bohèmienne”, unica e turbolenta.
Si ritenne che la scelta degli abiti  fosse strettamente legata alla perenne ricerca di autoaffermazione.
Fin da ragazzina prese coscienza della potenza intrinseca di un abito, del messaggio contenuto in esso, ma soprattutto, non le sfuggì la possibilità di celare aspetti di sé in evoluzione.

La poliomelite che la colpì a sei anni, rese la gamba destra più corta della sinistra, la costrinse a portare tre o quattro calzini sul polpaccio più esile e scarpe con tacco interno per nascondere l’asimmetria.
Decorò le sue scarpe con fiocchi e pezzi di seta.
Tra gli oggetti più  misteriosi e all’avanguardia vi sono tre stivali rossi, identici fra loro, con ricami cinesi verdi, al fine di rivestire la gamba.
A diciotto anni fu vittima di un incidente quasi mortale: la ricerca e la scelta dell’abbigliamento l’aiutarono ad affrontare le dolorose conseguenze.
A differenza di molti artisti, che proclamarono la propria libertà artistica presentandosi in abito da lavoro, sporco di vernice, Frida non si vestì mai casualmente, neanche innanzi al cavalletto.

Importanti per Frida furono i gioielli, attratta in particolar modo dalle pietre irregolari legate al passato precolombiano del Messico.
Spesso ai tradizionali abiti messicani accompagnò gioielli prodotti da artigiani e designer del luogo, indossò inoltre pietre grigio/verdi, probabilmente reperti dei siti Maya.
Abbinò l’abito Tehuana, composto da tre ingredienti chiave, ovvero una lunga gonna, una camicetta dal taglio squadrato (huipil) e un velo, a lunghe catene con pendenti, perline e raffinati orecchini.
Tra i ciondoli, una moneta americana da venti dollari del 1903.
Nella prima metà del XX secolo, la gioielleria messicana si trovò a vivere un periodo di fermento e, gli operatori del settore non solo aumentarono a vista d’occhio, ma iniziarono a lavorare l’argento a discapito dell’oro.
Tra i modelli prediletti da Frida vi furono quelli di Antonio Pineda e di Matilde Poulat.
Adornò in modo ponderato mani e volto, al fine di sottolineare la forza nonostante la fragilità fisica.
Parber Lesley: ”Frida incarnò l’ opulenza bizantina dell’imperatrice Teodora, una combinazione di barbarie ed eleganza”.
Quando  Fritz Freund incontrò per la prima volta Frida, la raccontò come “una giovane donna sottile e fragile sdraiata su una chaise longue”, ma la sua descrizione fu di “una principessa azteca… ogni suo dito è adorno di enormi anelli con pietre preziose finemente intagliate”.
I monili simboleggiarono il risultato di forti relazioni di amicizia instaurate, di doni ricevuti come ad esempio gli orecchini con mani intagliate regalati da Picasso, di cui uno giunto fino a noi, ma anche di regali che la stessa fece.
Stile e arte inevitabilmente andarono a fondersi.
Frida dedicò particolare attenzione al suo volto: 1/3 delle sue opere furono autoritratti.
In ogni autoritratto risaltano labbra  colorate e serrate,  labbro superiore baffuto, zigomi imbellettati, sopracciglia scure e folte che incorniciano gli occhi, i quali, a loro volta guardano di lato.

Autoritratto con scimmie (1943).
Gli animali che vagano per Casa Azul, si addensano intorno al corpo di Frida: pelo nero e occhi freddi, rispecchiano il suo spirito.

Autoritratto con abito rosso e oro (1941).

Testa e spalle in primo piano lasciavano intravedere pochi dettagli circa l’abbigliamento.
A differenza di altre occasioni,  in tal caso, un ricamo appena visibile richiama il tono di labbra e guance.
I capelli sono intrecciati.
 
Le sopracciglia divengono riflesso delle sue preoccupazioni: in “Pensando alla morte” del 1943, al di sopra di esse un teschio e ossa incrociate, mentre in “Autoritratto come Teuhana”,  rimasto incompiuto fino al 1943, suonano come rimprovero a Rivera.

Occorre ricordare come in quest’opera,  attraverso il reticolo di viticci, i capelli adornati con foglie e fiori di bouganville, la fronte unta con il ritratto dell’uomo, Frida unisce i tre pensieri fissi della propria vita: identità messicana, autoritratto e complesso rapporto d’amore

La ripetizione del volto, affascinante e sconvolgente allo stesso tempo, nel quale si leggono anche angoscia e sofferenza, sottolinea le svariate elaborazioni della psiche.

In vita, Frida fu una vera dissimulatrice.
I dipinti infatti, rivelano che il suo aspetto, perfetto agli occhi esterni, costituì una maschera.
In un disegno con l’iscrizione “l’apparenza inganna” in forma di didascalia (per meglio spiegarne il concetto)posta poco sopra la firma, raffigurò il proprio corpo fratturato nascosto al di sotto di una veste trasparente, così che, lo spettatore è messo nella condizione di poter osservare il busto ortopedico e le gambe diseguali.
Il disegno  oltrepassa il  corpo, per giungere ad esporre la colonna vertebrale.

In “Colonna spezzata”, scompare la facciata, per dare voce al corpo devastato, all’apparato medico e alla ferite interne.

Albero della speranza (1946)
Dipinto in seguito all’operazione di fusione spinale subita nel 1946, è un doppio ritratto.
A destra una Kahlo vestita, ingioiellata, acconciata, si siede su una sedia di legno, tenendo tra le mani il busto ortopedico e una bandiera.
A sinistra,  un secondo ritratto di sé, coperto da un lenzuolo bianco, distesa su una barella. La schiena è visibile e i capelli disordinati.
I due tagli fanno riferimento all’intervento subito.
L’accento è posto sul senso di sé spezzato, rappresentato anche da altri elementi quali il sole e la luna, la notte e il giorno, il paesaggio alle spalle graffiato da crepe.
Le scissioni interiori che toccarono Frida, andarono oltre il dualismo tra la perfetta immagine Tehuana e il corpo sofferente.
I dipinti espongono altre contraddizioni.
“Autoritratto con i capelli corti” del 1940 è l’esempio di come Frida subisce la sua identità di genere non conforme.

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Le due Frida
Da un lato il patrimonio culturale, dall’altro il tentativo fallito di inserirsi in ruoli di genere come moglie e madre.
Dipinto dopo la separazione da Rivera, l’artista si raffigura sdoppiata.
A destra in abito Tehuana regge l’immagine dell’uomo, a sinistra, ormai separata da Diego, in abito bianco, in pizzo e dalle sembianze  quasi occidentali.
Le donne, sedute l’una accanto all’altra, non si guardano.
L’anima divisa in due fazioni contrapposte: la tradizione da un lato, l’emancipazione dall’altro.
Prende voce per l’ennesima volta il dissidio interiore che la accompagnò sempre.
Ad essere visibili, ancora una volta, gli organi interni, nello specifico il cuore, ad indicare i duplici aspetti emotivo e spirituale.

Spentasi nel 1954, due settimane prima della morte, avvenuta il 13 luglio, apparve per l’ultima volta in pubblico.
Fedele alla  componente politica partecipò a una manifestazione contro il colpo di stato (segretamente sostenuto dalla CIA) che depose Jacobo Arbenz, presidente democraticamente eletto del Guatemala.
Fautrice  di un’arte senza compromessi, André Breton fondatore del surrealismo, ne definì lo stile pittorico con l’espressione

Il fuoco su una bomba”.

Mara Cozzoli

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