Giancarlo Montuschi: 50 anni vissuti con l’Arte nell’Arte per l’Arte.

Giancarlo Montuschi
Giancarlo Montuschi

Giancarlo Montuschi l’anti-personaggio per eccellenza.

Pittore, ceramista-scultore il suo linguaggio artistico appare a tratti ingenuo, fiabesco e fantastico in bilico tra un neo surrealismo e la Pop Art, il tutto miscelato nelle atmosfere degli anni 50.

Ha trascorso una vita in campagna, nessuna concessione alla politica, ai premi alle illusioni avanguardiste, ai facili successi, al canto delle sirene, producendo migliaia e migliaia di opere…..

Lasciamo che sia lui a raccontarsi attraverso le sue risposte alle nostre domande.

Il tuo primo contatto con l’arte?

Ho sempre respirato l’Arte in casa, mio padre era collezionista di antiquariato, di quadri e sculture contemporanee, di autori principalmente locali.

Anche uno zio di mia madre era un importante collezionista e da lui ho visto per la prima volta i grandi del ‘900.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Subito, fin da piccolo, quando ero alle scuole medie già avevo un ottimo rapporto con la matita  e spesso disegnavo marchi pubblicitari per divertimento e a volte capitava che ci guadagnassi pure qualcosa.

Che formazione hai avuto?

Ho frequentato le scuole medie all’Istituto d’Arte per la ceramica di Faenza, dove il mio insegnante di disegno mi ha consigliato di proseguire gli studi al Liceo Artistico di Bologna.

Finito il Liceo mi sono iscritto all’AA BB AA di Bologna e ho seguito le lezioni di Walter Lazzaro e di Concetto Pozzati, senza finire l’anno accademico iniziando subito a dipingere.

La tua prima opera?

Non la ricordo, ma credo fosse un lavoro surrealista ispirato da Dalì.

A cosa ti ispiri quando crei?

La mia pittura è legata a doppio filo con la mia vita…le ispirazioni mi vengono da tante cose, hobby, passioni, come la musica, la letteratura, specialmente quella americana, i fumetti il cinema, le periferie e i villaggi rurali.

È più importante la tecnica o la creatività?

Ho sempre pensato che la tecnica si impara mentre la creatività fa parte del tuo essere.

Quanto contano per te la luce e il colore?

Tantissimo, ho sempre più bisogno di luce, purtroppo non ho mai avuto uno studio super luminoso con grandi vetrate come una serra.

Credo che la luce naturale sia impagabile e quindi per ovviare la situazione ho lo studio pieno di luci artificiali.

Per fare arte, bisogna averla studiata?

Credo che sia fondamentale, almeno per noi europei, anche se trovo sia un legame che spesso condiziona molti pittori.

Per quanto mi riguarda è una delle mie passioni studiarla attraverso gli scritti degli artisti e di chi ha vissuto accanto a loro.

E’ così che  si capiscono tante cose ed è per questo che sono un raccoglitore di biografie, autobiografie, carteggi tra artisti e via discorrendo.

Ho un’ampia biblioteca su questo tema.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

La prima volta che una persona mi ha chiamato Maestro.

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Sarebbero tantissimi, forse non chiederei nulla, mi limiterei a conversare con loro, cosa che faccio abitualmente con molti artisti amici.

Cos’è per te l’arte?

La vita.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

Dipende molto dalle nazioni, dalla loro cultura e dai popoli.

Ho capito viaggiando e frequentando diversi ambienti in differenti paesi, che la percezione rispetto a molte cose non è mai la stessa.

Oggi in un mondo globalizzato le differenze potrebbero apparire meno evidenti, ma non è così: un esempio su tutti è la Pop Art che ho studiato a fondo e ha caratteristiche distinte in ogni nazione, che dipendono proprio dalla differenza intrinseca degli artisti.

Cosa ti aspetti da un curatore?

In teoria nulla, in pratica ritengo sia importante che le proprie opere vengano viste attraverso occhi esperti, in grado di suggerire accostamenti culturali che in certi casi non avresti mai pensato di prendere in considerazione.

Cosa chiedi ad un Gallerista?

Mi piacerebbe averlo sempre come compagno di strada nella buona e cattiva sorte.

Devo dire che nell’arco della mia carriera, fino ad oggi, posso ritenermi fortunato in quanto ho incontrato spesso questa tipologia di galleristi, e posso confermare che sono quelli che apprezzo maggiormente e con molti di loro ho stretto sodalizzi per lungo tempo.

Quanto conta la comunicazione?

Per me, che sono un tipo antisociale, conta sicuramente.

Grazie per tua disponibilità

Irene Zenarolla

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