Angelo Demitri Morandini. L’artista bricoleur intervista a cura di Chiara Canali.

Angelo Demitri Morandini.
Angelo Demitri Morandini.

Artista visuale e concettuale, oltre che filosofo e ricercatore, Angelo Demitri Morandini (Caldonazzo, TN, 1975) basa la propria ricerca sul linguaggio, sulla manipolazione ed il loro impatto sulle relazioni sociali.

Morandini esplora il tema del linguaggio attraverso diversi mezzi: arti digitali, video, performance, disegni automatici, dipinti e installazioni cinetiche, sonore e/o luminose.

Parte del suo codice di comunicazione artistica è rappresentato dall’arte relazionale, con cui scopre nuovi modi per “mappare” le relazioni sociali.

Per Angelo Demitri Morandini, l’atto estetico si configura come un processo (in alcuni casi anche fortemente ludico) che consente di mettere in luce alcuni “nonsense” o alcune fratture nella odierna società della comunicazione e dell’informazione.

Angelo Demitri Morandini opera sui segni linguistici (grafemi, parole, simboli e dati) come un moderno bricoleur.

Nella pratica del bricoleur è insita sia l’idea di “gioco”, di “azione creativa”, che quella di “movimento incidente” cioè casuale, inatteso, irregolare, che interrompe il procedere regolare di un’azione e dischiude risultati imprevisti, che spalancano anche le soglie della “sorpresa” e della “meraviglia”.

Il tuo primo contatto con l’arte?

    Il mio primo contatto con l’arte è avvenuto nel 1995 quando ho iniziato ad avvicinarmi alla pittura tradizionale sotto la guida del maestro d’arte Sergio Debon.

    Questa esperienza ha segnato l’inizio del mio percorso artistico e mi ha introdotto al mondo dell’espressione artistica attraverso il colore e la pittura.

    Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

      Ho iniziato a considerare l’arte come una possibile professione quando, nel 2005, ho conseguito la laurea magistrale in Filosofia presso l’Università di Verona. In quel periodo, ho avuto l’opportunità di entrare in contatto con l’artista concettuale Diango Hernández, il che ha suscitato in me un crescente interesse per l’arte contemporanea e il suo potenziale come campo di esplorazione artistica.

      Questo incontro ha rappresentato un punto di svolta nella mia vita artistica, spingendomi a dedicare sempre più tempo ed energie allo sviluppo della mia carriera nell’arte.

      Da allora, ho continuato a coltivare la mia passione per l’arte, combinando il mio background filosofico e informatico con l’espressione artistica.

      La tua prima opera d’arte?

        La mia prima opera d’arte contemporanea è stata un lavoro digitale che ho creato attraverso un linguaggio di programmazione nel 2005.

        L’opera, intitolata “La stanza cinese: omaggio a Turing” era un’installazione interattiva che permetteva ai visitatori di generare frasi casuali selezionando delle immagini. Una sorta di AI molto rudimentale ma poetica.

        Questo progetto segnò l’inizio del mio percorso nell’arte contemporanea, dove ho iniziato a esplorare l’interattività e il potenziale delle nuove tecnologie nel mio lavoro artistico.

        Per fare arte bisogna averla studiata?

          Penso che frequentare l’Accademia delle Belle Arti sia sicuramente un percorso molto valido per chi desidera intraprendere la carriera di artista.

          Personalmente, ho una laurea magistrale in filosofia, il che mi ha permesso di sviluppare un approccio concettuale all’arte.

          Tuttavia, ho riconosciuto l’importanza di studiare in modo più approfondito la storia dell’arte e comprendere il sistema dell’arte.

          Pertanto, ho lavorato duramente per acquisire queste competenze, partecipando a residenze artistiche sia in Italia che all’estero. Inoltre, ho frequentato numerosi workshop e seminari che hanno arricchito la mia visione dell’arte e mi hanno aiutato a sviluppare ulteriormente le mie abilità creative.

          Quindi, anche se non ho seguito un percorso accademico tradizionale nelle belle arti, ho investito tempo ed energie per ampliare la mia conoscenza e competenza nel campo dell’arte contemporanea.

          Come scegli cosa rappresentare?

            Nella mia pratica artistica, l’arte non necessariamente rappresenta qualcosa o qualcuno in modo diretto.

            Per me, l’arte ha una sua autonomia ontologica, il che significa che un’opera d’arte, come ad esempio un quadro astratto, è una realtà in sé, senza la necessità di rappresentare qualcosa al di fuori di sé stessa.

            Le mie opere sono quindi un’estensione del mio essere e della mia visione del mondo, un modo di esplorare e comunicare la complessità delle idee e delle emozioni, senza la necessità di una rappresentazione letterale.

            Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

              Durante una delle mie prime mostre, ho creato un’installazione intitolata “Le parole che non ti ho detto“, un lavoro site-specific di 500 matite colorate sospese in uno spazio di 200 metri quadri.

              Durante una visita guidata, il curatore ha condotto un gruppo di visitatori che sono rimasti profondamente colpiti dall’installazione, applaudendo spontaneamente.

              Successivamente, mentre ero da solo in macchina e ripensavo a quel momento, ho sperimentato un’ondata di gioia così intensa da non poter trattenere le lacrime.

              Ricordo con dolcezza questo momento e sorrido ogni volta che ci penso.

              Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

                Se avessi l’opportunità di incontrare un artista del passato, mi piacerebbe molto incontrare Picasso e chiedergli di condividere con me i suoi segreti sulla pittura.

                A Tiziano, chiederei di svelarmi i misteri del colore e delle sue tecniche.

                Nel caso di Kosuth, mi interesserebbe approfondire la sua comprensione del linguaggio nell’arte.

                E se si trattasse di Beuys, vorrei immergermi nelle sue “sculture sociali,” così come chiamava le sue lezioni.

                Credo che da ognuno di questi artisti potrei imparare qualcosa di straordinario e prezioso per la mia pratica artistica.

                Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti?

                  Se dovessi incontrare il mio io diciottenne, mi consiglierei di considerare seriamente l’idea di frequentare l’Accademia d’Arte, anche se può sembrare una scelta difficile e fuori dalla zona di comfort.

                  Questo perché so che uscire dalla propria comfort zone è fondamentale per crescere artisticamente e personalmente. Inoltre, suggerirei di dedicare il tempo allo studio della filosofia per raggiungere la laurea, in quanto questa combinazione di conoscenza filosofica e pratica artistica sarà un mix vincente.

                  È importante anche scegliere con cura le persone da cui imparare, cercare mentori e compagni di studio che possano ispirarti, ma non troppo. Infine, ricorderei al mio io diciottenne di essere paziente, poiché il percorso artistico richiede tempo e dedizione.

                  Il lavoro d’artista è un lavoro di resistenza.

                  Quanto conta la comunicazione?

                    La comunicazione riveste un ruolo di estrema importanza nell’arte, specialmente in un’epoca in cui siamo immersi nella società dell’immagine.

                    Strumenti come le fotografie delle opere d’arte,

                    i social media e la stampa specializzata sono tutti strumenti fondamentali che ogni artista deve conoscere e saper utilizzare per far conoscere il proprio lavoro al pubblico.

                    Tuttavia, è altrettanto cruciale non dimenticare i contenuti e la qualità delle opere stesse.

                    A volte, si può cadere nella trappola di dedicare troppo tempo alla comunicazione e alla promozione, a scapito del tempo trascorso in studio a creare.

                    È importante mantenere un equilibrio tra la comunicazione e la creazione artistica, in modo che il lavoro rimanga autentico e significativo.

                    Quindi, mentre la comunicazione è essenziale, è altrettanto importante dedicare tempo e impegno allo sviluppo e alla perfezione dei propri lavori.

                    Cos’è per te l’arte?

                      Per me, l’arte è un linguaggio profondo che va oltre le parole e permette di esprimere idee, emozioni e visioni del mondo.

                      La mia pratica artistica, basata sul linguaggio e la manipolazione ed il loro impatto sulle relazioni sociali, esplora diverse forme e medium.

                      L’arte è una ricerca di significato e una riflessione sulla nostra esistenza, un linguaggio che parla alla mente e all’anima.

                      Cosa ti aspetti da un curatore?

                        Da un curatore mi aspetto che si immerga profondamente nel mondo di un artista con empatia e comprensione.

                        Mi aspetto che utilizzi la sua conoscenza per posizionare la ricerca dell’artista nel contesto concettuale appropriato.

                        Mi aspetto che abbia il coraggio di sfidare le convenzioni e di sostenere visioni artistiche audaci.

                        Attraverso le sue parole e il suo pensiero, mi aspetto che il curatore contribuisca ad arricchire la cultura e la società, agendo come un architetto del pensiero, che dà forma e significato all’arte.

                        Cosa chiedi ad un gallerista?

                          Da un gallerista chiedo chiarezza, onestà e lungimiranza.

                          Qualità che ho trovato con le mie due gallerie di riferimento in Italia la galleria Contempo di Pergine e la Manuel Zoia Gallery di Milano.

                          Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

                            I miei progetti futuri sono sempre in evoluzione, l’arte è una ricerca continua e in continua trasformazione.

                            Al momento sto lavorando su nuove opere che esplorano ulteriormente il linguaggio e la sua interazione con le dinamiche sociali e digitali contemporanee.

                            Sto anche esplorando nuovi medium e approcci artistici per ampliare la mia pratica.

                            Sto lavorando per realizzare questi progetti con spazi espositivi e realtà museali in Italia e all’estero.

                            Chiara Canali

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