An unguarded moment di Adrian Tranquilli a cura di Andrea Grieco.

An unguarded moment di Adrian Tranquilli
An unguarded moment di Adrian Tranquilli

Ben prima che i film del Marvel Cinematic Universe conquistassero gli schermi planetari facendo riguadagnare alle figure dei supereroi uno smalto ormai sbiaditosi negli anni e una notorietà forse mai così vasta (benché, dati alla mano, il settore fumettistico da cui  si originano tali personaggi non ha minimamente giovato in fatto di vendite del successo arriso alle pellicole), vi è un artista straordinario, Adrian Tranquilli, che vi aveva scorto, forte dei suoi studi di antropologia culturale, le potenzialità mitopoietiche che sostanziano i paladini della “casa delle meraviglie”  e della DC.

Da anni, infatti, nelle sue sculture in vetroresina che riproducono gli eroi in calzamaglia, l’autore di origini australiane ma di stanza a Roma, più che modellare la materia per trovare la forma voluta, scava nell’immaginario collettivo per rintracciarvi sedimentate valenze olistiche; ecco allora che il nerboruto Hulk può trasformarsi e sovrapporsi nel pingue Buddha, Batman acquistare valenza cristologica, l’uovo incrinato dell’anatroccolo Calimero diviene metafora del Big Bang, da Star Wars lo Jedi Yoda con mitra è Papa e Jabba the Hutt è il Dalai Lama, così come Spiderman può farsi yogi snodato in meditazione.

Fin qui, forse, la produzione di Tranquilli risultava strettamente intrigante, ma è con la mostra intitolata An unguarded moment, attualmente negli spazi del garage dell’Auditorium del Parco della musica di Roma sino al 6 marzo, che l’osservazione condotta dall’artista si ispessisce e scava nel solco doloroso del periodo in corso, probabilmente proprio quel “momento incustodito” evocato dal titolo dell’evento, dandone una lettura lucida e profondamente inquietante.

Concepito come una vera opera d’arte totale che coinvolge tutti i sensi, il progetto si articola in nove stanze che ribadiscono la criticità del tempo, in quanto i supereroi riprodotti ora da Tranquilli risultano del tutto privi della loro aurea salvifica, per non parlare del loro vigore che, come ben si evince nella videoinstallazione These imaginary boys, sono ridotti a dei fantocci privi di vita dall’espressione assente e sinistra tipica dei manichini; e nella pellicola sgranata che scorre davanti agli occhi tanto dei  fruitori che di queste inanimate sagome di Spiderman, Superman, Batman e Robin, non  si vede compiere da loro azioni mirabolanti, bensì li si trova gettati tra i rifiuti di una spettrale New York, penzolare come disperati suicidi sui muri degli edifici della metropoli, di notte alla guida di un bus che attraversa le strade deserte, o accasciati sotto i portoni di una chiesa come dei clochard mentre su di loro cala una neve apocalittica.

Ça van sans dire, se questi supereroi crepuscolari si caricano proprio di quella fragilità che dovrebbero proteggere e salvaguardare, di contro un vero profilo sovrumano acquistano le imprese più comuni che gli individui compiono per sopravvivere, come dimostra la toccante serie di foto che Tranquilli realizza ritraendo persone che indossano l’inconfondibile cappuccio di Batman intenti nelle loro mansioni quotidiane.

D’altra parte la figura del “cavaliere oscuro” è quella più ricorrente in An unguarded moment e non potrebbe essere diversamente; declinato nei molteplici linguaggi usati dall’artista l’(anti)eroe dalle fattezze di un chirottero è di certo tra i più cupi degli aedi possibili: traumatizzato, paranoico, isolazionista.

Adrian Tranquilli fa di Batman l’effige ideale della condizione attuale, insieme alla sua non meno allucinata nemesi, il Joker. L’inscindibilità dei due antagonisti è ribadita non solo dalla loro natura diegetica, come ci hanno edotto centinaia di pagine di nuvole parlanti, ma Tranquilli realizza un video in cui il critico d’arte Achille Bonita Oliva, dal volto di biacca che lo fa rassomigliare ad un esangue Bela Lugosi e a un amletico Carmelo Bene, inscena l’atavico conflitto tra il bene e il male, ribadendo alla maniera dei poeti maledetti che “un colpo di dadi non abolirà il caso”.

Che poi il cortometraggio in questione si apra con in esergo versi di Eugenio Montale serve, non solo a cortocircuitare i riferimenti culturali in un calderone polisemico, ma a sottolineare ancora una volta “il mal di vivere” che sostanzia l’umanità tutta.

A conclusione del percorso costruito meticolosamente da Adrian Tranquilli, che sfrutta gli ambienti stessi come elementi architettonici di questa cattedrale eretta per esprime lo sfaldamento dei principi morali e sociali, il fruitore approda nella sala in cui è esposta l’opera Every me and every you, videoinstallazione che consta di onde sinuose e perniciose che scorrono alle spalle dei supereroi accasciati a terra raggomitolati in posizione fetale, inermi di fronte al peso dell’esistenza.

All’uscita dall’ambito espositivo, ahimè, la sgradevole sensazione comunicata dall’esperienza fatta non scema minimamente, perché lo squallore che nel frattempo si è impossessato di quello che può considerarsi uno dei templi della musica in Italia ribadisce senza sconti lo scempio che sembra ineluttabilmente essersi abbattuto sulla terra; e purtroppo questa non è un’opera di fiction,

Andrea Grieco

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