VANIA ELETTRA TAM: Arte tra genio & sregolatezza.

VANIA ELETTRA TAM
VANIA ELETTRA TAM

Classe 1968 Vania Elettra Tam nasce a Como, si è formata artisticamente a Milano ed ora vive e lavora a Mantova. L’ironia e la seduzione delle sue sceneggiature si sovrappongono ad una velata critica sociale ma dallo sguardo sempre lieve, divertito e surreale. Lo spettatore è invitato a giocare con le unità di tempo, di luogo e di spazio, con la consapevolezza che niente è come sembra.

Abbiamo fatto qualche domanda all’artista lasciandole il piacere di raccontarsi attraverso le sue risposte :

Il tuo primo contatto con l’arte?

Già dall’infanzia. Mia madre, grande appassionata, si può dire che mi abbia nutrito a latte e arte, facendomi frequentare musei e mostre fin dalla più tenera età. Questa educazione mirata ha evidenziato una mia precoce predisposizione alla creatività, che mi ha indotta a desiderare da sempre di diventare un’artista.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Devo dire tardi, perché, nonostante le ambizioni infantili, dopo gli studi artistici ho intrapreso una via più “concreta” nel campo del disegno tessile.

È stato ai miei 35 anni, con non poca incoscienza, che ho deciso di mollare tutto e di dedicarmi esclusivamente all’arte. Non avevo nessun contatto né esperienza… mi sono buttata e basta. Ancora oggi non so dirti se sia stata una saggia scelta, ma non mi pentirò mai di aver inseguito il mio sogno. Non so quante persone possano dire di aver fatto altrettanto.

La tua prima opera?

Difficile individuarla, dipende se si possono considerare già opere quelle realizzate durante l’infanzia. Non c’è mai stato un periodo di inattività creativa nella mia vita.

…Forse potrei battezzare come prima opera il murale di 3 metri, che realizzai nella mia cameretta a 14 anni, rappresentante una mia personalissima interpretazione del viso di Boy George.

Per fare arte, bisogna averla studiata?

Se non si vuole rifare, 100 anni dopo Kazimir Malevič, un quadrato bianco su fondo bianco pensando di essere dei geni e di aver battezzato una nuova corrente artistica… sì.

Nessuno può pensare di apprendere la lingua inglese senza studiarla e lo stesso vale per l’arte. Ovvio che una persona può avere, come si dice, “una buona mano”, ma essere un Artista è molto più complesso del saper dipingere: non basta saper tirare il grilletto per considerarsi un cecchino!

Come scegli cosa ritrarre?

Per anni l’ho fatto guardandomi allo specchio. Per prendermi beffa della società contemporanea avevo scelto come soggetto “pseudo fantozziano” me stessa, nei panni di un’improbabile casalinga impacciata, sfigata, ma sognatrice.

Ora, forse perché le vicissitudini della vita hanno un po’ limato la vena ironica, proseguo con la mia ricerca sulle ossessioni, ma utilizzando volti di altre donne attingendo della ritrattistica classica (Leonardo, Pollaiolo, Lotto, Bronzino…) ma anche dal web, rubando volti di persone qualunque, purché funzionali alla resa dei miei dipinti. Questa scelta deriva dal profondo rispetto che nutro per l’altro da me: ironizzare su me stessa è una mia scelta, farlo sugli altri può essere ritenuto irridente e, talvolta, offensivo.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso ?

Un giorno entrai nel Palazzo della Ragione di Mantova, mischiandomi ai visitatori, durante la mia mostra personale “ConTAMinAzione” tenutasi nel 2017.

Notai un gruppetto di visitatori che, divertiti, si fotografavano alternativamente davanti ad una delle mie opere. Mi avvicinai incuriosita scoprendo che gli avventori non si stavano limitando ad ammirare l’opera dall’esterno, ma stavano tentando di osservarla dal di sotto, cercando di “entrare” nel quadro.

Un gruppo di ingenui voyeurs che fortunatamente sono riuscita a fotografare, immortalando l’esilarante scenetta.

Se incontrassi un artista del passato chi è cosa gli chiederesti?

Vorrei incontrare Leonardo per metterlo in guardia. Gli direi: “Caro Leonardo, tra un capolavoro e l’altro trova il tempo di scrivere una bella biografia, precisa, particolareggiata, così eviterai che nel XXI Secolo qualche sciamannato ti dipinga come un insicuro e inconcludente, una specie di Monsieur Poirot ante litteram o, peggio, come un inventore fallito o un pittore che ignora le tecniche basilari.” Ovviamente mi sto riferendo alla serie TV “Leonardo” trasmessa recentemente su Rai1.

Quanto conta la comunicazione?

Da 1 a 100… 200.

L’arte non può prescindere dal comunicare e dall’essere comunicata. Un tempo l’unico mezzo di diffusione era rappresentato dall’incisione, oggi giorno possiamo contare sui social e sarebbe sciocco utilizzarli per mostrare al mondo la succulenta colazione, il gatto giocherellone e non il proprio lavoro.

Gli artisti che si ostinano a fare i “puristi” evitandoli o non pubblicando le loro opere per paura di essere copiati… scelgono di rimanere degli emarginati.

Fra l’altro, oltre ad allargare il bacino d’utenza, creando svariate opportunità lavorative (mostre, vendite, interviste…), i social offrono la possibilità di confrontarsi con artisti di ogni parte del mondo. Io la ritengo una grandissima chance.

Cosa cambieresti nell’editoria di settore?

Sarebbe un discorso troppo lungo e complesso, che investe tutto il “sistema arte”, spesso troppo chiuso, impenetrabile, basato su assiomi inconfutabili.

Dov’è finita la libertà di opinione? Non si legge mai una stroncatura, una critica larvatamente negativa. Solo lodi sperticate partorite da critici compiacenti su commissione delle gallerie o, peggio, degli artisti stessi. Così viene meno la funzione educativa della critica, col risultato che chi può spendere brucia le tappe, a discapito di artisti di valore che vengono invece ignorati.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

Non ho acquisito abbastanza esperienze personali per poter esprimere una lucida opinione su questo argomento. Tuttavia penso che noi italiani siamo talmente assuefatti alle bellezze del passato, da sottovalutare le opere contemporanee, giungendo a mortificarle… “La tua opera mi piace ma non s’intona col mio divano“… mentre in altri paesi, di formazione più recente, l’arte è solo quella contemporanea e gode di una diversa considerazione. Insomma, come amo ripetere, se Vedova fosse americano oggi varrebbe quanto Kandinsky.

Cos’è per te l’arte?

Una costante, una passione, un’esigenza.

Nella vita ho avuto vari interessi, ho percorso molte strade, intrapreso varie attività sportive e formative, ho vissuto in diverse città, cambiato svariate volte amori ed amicizie… Solo l’arte è sempre rimasta, coerente e imprescindibile.

Cosa ti aspetti da un curatore?

Un po’ meno misoginia. Senza voler generalizzare, continuo a notare una predilezione, da parte di alcuni addetti ai lavori (purtroppo anche donne), verso gli artisti maschi. Poi ci sono i casi opposti, in cui la selezione ricade esclusivamente su artiste donne, una specie di “quota rosa” che, credendo di offrire un riscatto, non fa altro che creare una forma di ghettizzazione.

In generale, ad un curatore chiedo onestà intellettuale, chiedo di essere una scelta libera, non indotta da motivi economici o di opportunità.

Cosa chiedi ad un Gallerista?

Di fare un passo indietro, di tornare a seguire la passione, l’amore per la scoperta, l’innovazione, il rischio. Di mettere al primo posto la qualità e l’originalità delle proposte, valutandole attraverso la lente della propria sensibilità e conoscenza. I risultati commerciali derivano anche dalla convinzione con cui il gallerista propone un artista…

Grazie Vania per il tempo a noi dedicato

Alessio Musella

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