Maddalena d’Alfonso

Maddalena d'Alfonso
Maddalena d’Alfonso

Intervista densa e intensa quella fatta a Maddalena d’Alfonso , difficile trovare un termine per definirla, e dunque ,la miglior cosa che potevamo fare, è lasciare la parola a lei:

Buona lettura

Il tuo primo incontro con l’arte?

Avevo cinque anni, ero in viaggio on the road con la famiglia verso Atene: come ogni bambino la giornata dipendeva da strane variabili umorali e le giornate scorrevano tutto sommato uguali. Finchè ci svegliammo una mattina alle luci dell’alba per una visita speciale.Ricordo le luci rosa, il silenzio estivo, il vuoto ai piedi dell’acropoli. Ricordo una certa emozione, l’attesa di entrare e ricordo il colore caldo delle pietre.Davanti alle colonne del Partenone ascoltavo mia madre che spiegava, cercando delle parole comprensibili ai bambini: suoni di cui non ho memoria ma che si intrecciano con quelli delle molte volte successive che ho visitato l’Acropoli con la mia famiglia.Giocavo nel tempio, salivo e scendevo gli scalini, entravo e uscivo dalla cella sacra, mi nascondevo dietro le colonne doriche.

Mi erano particolarmente piaciute le sculture delle donne in Peplo: le cariatidi. E quella fu la migliore scusa genitoriale per trascinarmi subito dopo al museo archeologico.

Ho visto cose stupende lì che ho continuato ad andare a vedere nel corso degli anni. Ho capito che l’arte è stata la forma che i popoli si sono inventati per raccontarsi, per rappresentarsi e per riconoscersi.

E soprattutto per vivere con gioia il presente e celebrare i ricordi.

L’arte e i musei sono diventati elementi naturali per me come il mare, il sole, l’inverno e la primavera, la tempesta e la scrittura.

Per me il primo incontro con l’arte profuma di tzatziki e miele. Poi con il tempo ho capito che l’arte per una persona italiana profuma più di pesca, agrumi e fiori.Per un brasiliano l’arte invece profuma di pioggia e anguria. Per un indiano profuma di curry e rose. Posso dire di avere capito l’arte di un luogo o di qualcuno solo se chiudendo gli occhi sento sprigionarsi un aroma.

Che formazione hai avuto? 

Specialista in museografia (dottorato), sono una architetto, prima ho fatto studi classici, prima una scuola media noiosa di cui ricordo pochissimo, prima ancora una elementare con una maestra all’avanguardia – preparavamo il caffè e allevavamo un criceto in classe, prima un asilo sperimentale – si imparava giocando. Tutti istituti pubblici.I miei compagni di classe erano un mix unico, una stratificazione sociale in perenne equilibrio tra alchimie personali e relazioni familiari. A scuola non portavo il grembiule, ma era più normale farlo, non avevo vestiti borghesi o paninari, usavo prevalentemente pantaloni e scarpe da tennis, e avevo un simpatico cappotto marrone con l’interno peloso.Non ritenevo pratico indossare qualcosa con cui non potessi andare in bicicletta da chi volevo o dove volevo. E si voleva andare dai compagni di scuola o ai giardini, ovviamente.

I miei giardini erano i Giardini Pubblici di corso Venezia. C’erano piante stupende, una, il ginkgo biloba, in autunno puzzava tremendamente: quando ho chiesto perché, mi hanno risposto che si trattava di un albero femmina e faceva così per la riproduzione. :0 (!!!!) Un albero femmina, lo adoravo e continuo a passare a trovarlo.Si entrava gratis al Museo di Scienze Naturali, pieno di animali catalogati, impagliati o ricostruiti: esistenti o della preistoria come il magnifico Triceratopo. Ai giardini c’era anche lo zoo, con le bestie, feroci e non, come l’Elefante che suonava. Passavo così tanto tempo ai giardini che mi facevano sgattaiolare dentro. Non ricordo compiti a casa prima del liceo, probabilmente dimenticavo di farli. Immagino sia il motivo per cui non mi sentivo mai preparata.Si leggeva sempre, in viaggio qualcuno leggeva per noi i ‘noiosissimi’ classici, la sera si raccontavano storie per farci addormentare e nei lunghi pomeriggi estivi i libri più assurdi mi tenevano compagnia. Leggere sull’amaca ad esempio mi piaceva tantissimo. Per rispondere a questa domanda direi che ho una formazione legata all’osservare, e alla narrazione letteraria: le due cose spesso si intrecciano del resto.
per parlare di arte è necessario aver studiato arte?Per apprezzare l’arte non è necessario averla studiata, per conversare di arte idem. Per parlare di arte invece sì. Come ogni attività umana ha un aspetto specialistico che riguarda lo studio e la ricerca. Bisogna avere rispetto della competenza, ma con chiunque e di tutto si può e si dovrebbe conversare. Mi piacerebbe sentire la gente comune raccontare dell’arte che conosce, che le piace e discorrere con loro.

Quando giro in un museo e sento i commenti più folli mi diverto e mi aiutano a capire l’arte e me stessa. Ricordo una signora in carne che si muoveva impacciata in una galleria del Prado, di fronte a ogni pittura ridacchiando diceva: guarda le mani! guarda i piedi! guarda che piedini in miniatura! guarda che manone grandi, che mani affusolate, che mani morbide… lì per lì lo trovai assurdo, ero una teenager snob del museo…, poi cominciai a vedere i disegni preparatori gli schizzi di studio dei grandi artisti: mani in tutte le pose possibili, piedi, orecchie. Nella mia testa ho chiesto scusa alla grande esperta delle mani, perché ricordo quelle indicate da lei come fossi lì. Tutto per via della sua voce emozionata e sorpresa. 

Mi interessa anche rivolgermi a persone con competenze completamente lontane dall’arte e raccontargli di quadri, opere o progetti e interpretazioni per sentire il loro parere. La scienza, la medicina, la filosofia, l’economia hanno tutte a che vedere con l’arte e viceversa, e tutti abbiamo bisogno di poter intessere un dialogo e sentirci ascoltati anche quando non sappiamo, o intuiamo vagamente la complessità del discorso; ma soprattutto di essere comunque rispettati se sbagliamo.Se l’arte può aiutare chiunque a entrare in contatto con la storia, la religione, la mistica, la scienza, la botanica, la zoologia, il cibo, la nudità, le stoffe, i tappeti, la nascita, l’astrologia e via dicendo, chi è colui che può impedire agli altri di commentarla?

Per vedere arte è necessario aver studiato arte?

L’arte è dappertutto, è necessario volere vederla per vederla. In Italia abbiamo arte nelle strade, nelle piazze, nei paesaggi, spesso nelle case, nei libri, nei giornali e nelle riviste, nei musei, nei parchi archeologici, nelle chiese, ovunque. Bisogna solo prestare attenzione. Ciò non significa che tutto ciò che è arte debba piacere, al contrario significa arricchirsi di quel patrimonio artistico che vogliamo ricordarci, che ci ispira, che vogliamo conservare, ciascuno per sè. Un civiltà che rende l’arte alla portata di tutti è gioiosa. Scegliersi un pezzo d’arte da mettersi in casa significa arricchire il proprio interno quotidiano.

Se potessi incontrare un’icona del passato chi sarebbe? e cosa gli chiederesti ?

Vorrei incontrare Elena di Troia, a lei dobbiamo il poema più incredibile della storia occidentale e un esempio femminile ancora incompreso.Credo che la guarderei a lungo in silenzio, comparandola alle mille forme di bellezza che conosco.

Poi vorrei consolarla e dirle: oggi non sempre la bellezza è destinata alla distruzione e la distruzione alla rovina. Il tempo delle melagrane torna ogni inverno.

Elena da parte mia, grazie per averci dato la consapevolezza che una donna può essere amata al punto di scegliere di sottrarsi a una vita che non la fa più sentire viva, di essere accolta e apprezzata in terre straniere, di essere rispettata e difesa.

Già Elena con la tua indomita bellezza sei fuggita, sperando in un mondo più a misura tua. Ci hai avvisato attraverso i secoli che ciò per una femmina potrebbe non essere gratuito, nè semplice. Potrebbe portare alla morte vera prima del tempo, ma sicuramente non alla resa. Come donna ti ho compresa Elena e ti porto forte nel cuore. Cara Elena, mi dispiace, ho pianto per la tua ineluttabile fine, ma l’amore che hai ispirato ha reso palpitanti e coraggiosi i cuori dei sognatori e ha cambiato il corso delle loro vite, della storia, dell’arte e della letteratura.Poi, per sdrammatizzare le chiederei: dimmi un pò, ma quale rappresentazione di te stessa ti piace di più?

Mi racconti un aneddoto che ricordi con il sorriso ?

Mi ricordo un pomeriggio a Milano era settembre, in piazza Tricolore, arrivavo per la prima volta a un appuntamento con Gabriele Basilico,

il fotografo di architettura e città, ero vestita con un tailleur grigio da signorina e i tacchi: mi sentivo molto elegante. Ero agitatissima, avevo il cuore in gola e una missione: chiedergli di fare un lavoro per me e un collettivo di giovanissimi architetti in Portogallo.

Tutto dipendeva da quella riunione, tutto dipendeva da me: questione di vita o di morte.Ricordo le scale e l’ascensore, ricordo la sua assistente, la Beba, accogliermi con un grande sorriso furbo e gentile: aveva perfettamente compreso l’emozione e la gravità del mio ingresso. Tutto dipendeva da me: tutto.Mi fecero entrare nella stanza dello studio piena di foto con un largo tavolo. La ricordo enorme, gigantesca. Ricordo anche Basilico gigantesco, con mani così grandi che mi domandavo come facesse a premere il pulsante dell’otturatore… -poi scoprii che infatti aveva una piccola prolunga-.  Appena entrata mi domandò cosa pensavo di una mostra in Triennale  di una al MoMA di NY, della rivista Domus, dell’edificio del Politecnico, del suo ultimo libro, di Rem Koolhaas, della Biennale di Architettura di Venezia, soprattutto di Alvaro Siza

e la sua architettura. Sudavo all’inizio, ma poi passava il tempo e mi sentivo bene a stare lì parlando di cose che mi piacciono, esprimendo liberamente pareri, giudizi personali: dimenticai perché ero lì.

Dopo un paio d’ore entrò la Beba e chiese con la sua tipica sonorità fiorentina: ‘quindi che cosa ti ha chiesto di fare Maddalena?’ Ci guardammo esterrefatti, non ne avevamo ancora parlato! Poi tutti e tre scoppiammo a ridere, ciascuno con il suo motivo: il mio era stato sentirmi chiamare col mio nome di battesimo come una vecchia amica. E nel corso del tempo tale diventai.

Quanto conta oggi la comunicazione?

Farsi conoscere è sempre stato importante, ma oggi abbiamo questo strumento fantastico che è la comunicazione. Permette di non dover passare solo attraverso amicizie o conoscenze personali per far scoprire quello che fai, come lo fa e perché lo fai. Rende liberi. Permette di comprendere il valore di artisti in luoghi lontanissimi, di seguire l’evoluzione di un progetto, di un processo creativo. Quindi la comunicazione è al centro del nostro sistema di accesso alla conoscenza in questo momento.E’ un dono della modernità e aiuta processi meritocratici e democratici.

Come è cambiato il ruolo del gallerista?

Non credo che sia cambiato molto. Solo sono aumentati gli artisti, le forme d’arte e la loro presenza sul territorio e quindi anche il numero e le forme dei galleristi sono aumentati e si sono diversificati.I galleristi sono una parte importante del processo di affermazione dell’artista, senza il suo gallerista Canaletto non sarebbe fiorito.I galleristi come in ogni storia possono essere buoni o meno buoni, lungimiranti o no, possono sostenere il lavoro artistico o sfruttarlo.Come ogni sistema, quello dell’arte è fatto di persone e spero sempre che le persone costruttive siano in numero maggiore presenti.

Dobbiamo essere positivi ma anche consapevoli che i giovani artisti, o artisti viventi in mondi remoti hanno bisogno di vivere con il loro lavoro, perché ciò gli da dignità e li rende partecipi del loro tempo presente. I galleristi sono determinanti in questo aspetto: quelli di nuova generazione potrebbero spingersi a essere più solidali con i loro artisti, ma è il massimo che gli si possa chiedere: per il resto il loro ruolo è mettere sul mercato e almiglior prezzo l’opera d’arte.

Cos’è l’arte x l’architettura? 

E’ l’ingegneria. Può sembrare una risposta provocatoria ma non è così. Un’opera di architettura per librarsi come arte deve avere al suo fianco la struttura e la tecnica, dominarle e renderle complici del linguaggio che hanno il compito di servire. L’arte per l’architettura è il dialogo tra la forma e la funzione. L’arte è il disegno e il cantiere. L’arte è guidare gli altri a fare quello che è racchiuso in un’immagine, completa fino al dettaglio.

L’arte è fiducia nella vita. L’arte è rendere sostenibile usare le risorse, materiali e sociali, mantenendo integro il pianeta. L’arte è il segreto della vita chiusa nel paradiso terrestre e il demone che proietta nel futuro la sua ombra.Ma siccome tutto questo è troppo: in fin dei conti l’arte è disegnare un progetto di senso per un committente pubblico, vederlo realizzato e pubblicato: ma soprattutto sperare che non sarà in seguito demolito :).

Più che esaustiva Maddalena, davvero grazie

Alessio Musella

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