Fabrizio Musa classe 1971
vive e lavora tra Como e New York.
Il suo esordio artistico risale alla seconda metà degli anni Novanta, da subito lo ha visto protagonista di una vera e propria contaminazione tra le tecniche pittoriche più tradizionali le nuove tecnologie, ma il modus operandi di Fabrizio Musa, comprende una pluralità di tecniche
Curioso, e pieno di interessi, che spaziano dalla passione per cinema agli anni 80, Il connubio Arte architettura, del quale codifica il linguaggio trasportandolo sulla tela lo ha affascinato da sempre.
Conosciamolo meglio :
Qual è stata la tua prima opera?
La mia prima opere, proprio la prima è stata la copia di un “Monet”.
L’ho copiato per esercitarmi in realtà… era una colazione sull’erba con le classiche dame con gli ombreliini… ed io avevo eliminato tutte le figure umane per dedicarmi esclusivamente al paesaggio e soprattutto al cielo.
Quando hai deciso che l arte sarebbe stata parte integrante della tua vita?
In realtà ho sempre pensato che l’arte avrebbe sempre accompagnato la mia vita… non ho mai pensato che avrei pototo dimenticarla o farne a meno.
Cosa molto diversa è vivere di arte e a questa eventualità non ho pensato fino alla prima mostra nel 1996 a Como, in una personale organizzata dall assessorato alla Cultura.
In quel momento ho presentato il lavoro di un anno molto intenso ed attivo senza avere nessuna aspettativa… e la mostra invece ando molto bene e da lì iniziai a pensare che sarebbe potuto anche diventare un lavoro. Ma all’epoca studiavo giurisprudenza ed i piani ed i progetti per la mia vita erano molto diversi… ma ho fatto in tempo a prendere un’altra strada che si è concretizzata poi ufficialmente con la prima mostra in una Galleria Milanese di Via Solferino, la Galleria Pittura Italiana che presentò il mio lavoro su Kubrick.
Un aneddoto che ricordi con il sorriso?
La vendita a Inge Feltrinelli durante una mostra in uno spazio in Via Dell’Orso a Milano… ma è una storia un po’ lunga. Vabbè te la riporto come l’avevo pubblicata su fb dopo la notizia della sua dipartita:
Ho un bellissimo ricordo di lei, nel 2002 ad una delle mie prime mostre Milanesi.
In uno stupendo, centralissimo spazio in Via dell’Orso 16 partecipavo ad una tripersonale curata dall’Amico Roberto Borghi con gli artisti Pino Ceriotti e Sebastiano Mauri.
A pochi passi dalla Piazza della Scala, dagli antichi palazzi del centro e anche molto vicino alla sede della Feltrinelli e abitazione della Signora Inge.
Durante l’inaugurazione in una freddissima serata invernale mi si avvicina una signora vestita in maniera un po’ estrosa ma con un’aria molto seria ed elegante, e mi chiede il prezzo di un mio autoritratto su legno anche abbastanza grande (quasi 2 metri di larghezza) esposto quella sera…
Era l’ultimo lavoro che mi sarei aspettato di vendere. Il mio volto in primissimo piano riportato su una pesante e grossa tavola di legno mentre mi accendevo una sigaretta….
Io, ancora molto poco pratico allora su trattative, prezzi e vendite alle mostre… le rispondo che non mi sembra il caso di parlare di denaro davanti a tutti e le chiedo di spostarci all’esterno per parlare del costo dell’opera.
Lei, un poco perplessa ma forse anche divertita mi segue all’esterno nel gelido cortile del palazzo in cui era in corso la mostra.
Le dico il prezzo e non fa una piega.
Mi guarda e mi dice “lo prendo”.
Io la guardo e rispondo che la mostra era iniziata quella sera, e l’opera sarebbe dovuta rimanere esposta ancora per qualche settimana prima di essere disponibile per la consegna … e poi aggiungo: e comunque, io non la conosco e non le posso tenere da parte l’opera se non con un acconto.
Lei mi guarda, fruga un po’ nella borsetta, ed estrae un biglietto da visita, lo prendo in mano, lo guardo e leggo: Inge Schönthal Feltrinelli, PRESIDENTE Feltrinelli Editore … e aggiunge: “Questo è l’acconto”.
“Domani la contatterà la mia segretaria per accordarvi sulla consegna ed il pagamento.
Il quadro sarà il regalo per i 40 anni di mio figlio e mi serve che sia consegnato entro quel giorno a casa sua.
Ora devo andare a Venezia, la saluto”.
Mi saluto’ e se ne andò senza nemmeno rientrare nella mostra.
Dopo qualche settimana, a mostra terminata, mi recai alla Feltrinelli per incontrare la segretaria per la consegna e lei mi diede una busta con l’assegno della Signora Inge con in aggiunta un biglietto di ringraziamento Firmato da lei.

Solo dopo ho scoperto essere uno dei pilastri della cultura del ‘900… che aveva fotografato nei suoi servizi e reportages Greta Garbo, Elsa Maxwell, Elia Kazan, John Fitzgerald Kennedy, Winston Churchill. Poi Pablo Picasso, Ernest Hemingway alla Finca Vigia, Gary Cooper, Gérard Philippe, Anna Magnani…
Chissà se il figlio Carlo avrà ancora il mio ritratto appeso a casa sua mentre mi fumo una sigaretta… dopo 16 anni.
Hai una passione per anni 80 e cinema, e lo si ritrova in molte delle tue opere, ma spesso lavori sull Architettura,, soggetti diversi, come scegli cosa ritrarre?
Sono sempre stato libero nella mie scelte e nella mia ricerca proprio per un distacco voluto da persone che potessero gestire il mio lavoro.
Ho lavorato con alcuni galleristi con cui ho avuto un rapporto di stima reciproca e che hanno sempre rispettato il mio lavoro e le mie scelte.
In genere rappresento le mie passioni o semplicemente quello che mi piace.
Puo’ essere un’architettura frutto di studio e di ricerche o un frame di un video o un film che mi ha particolarmente colpito.
Come per la recente immagine del Papa durante il lockdown o del Maestro Bocelli che canta davanti al Duomo di Milano.
Sei molto apprezzato a New York, che differenza trovi nell approccio negli U.S.A. rispetto all Italia?
In America, come in molte altre nazioni al di fuori dell’Italia sono molto meglio organizzati per mostre ed esposizioni.
Le mostre sono spesso interamente finanziate dal Gallerista o dall’Istituzione e comprende una maggiore attenzione all’immagine dell’artista e delle opere esposte. Dal catalogo all’allestimento, dall’illuminazione alla comunicazione, cosa che ormai in Italia è molto difficile da trovare se non in qualche gallerista illuminato.

Che ruolo ha oggi il Gallerista?
Il gallesrista è sempre stato una figura che in passato ha sostenuto l’artista ed il suo lavoro.
Ha dato sempre un sostegno concreto al sostentamento fisico ed alla divulgazione delle opere. Cosa che negli ultimi anni è mancata sempre di più.
C’è da dire che oggi ci sono moltissime più gallerie e moltissimi più artisti rispetto ad un tempo.
Esistono ancora molti Galleristi che svolgono con reale passione il proprio lavoro e che sono un valore aggiunto per l’artista.
Come dicevo prima io guardo innanzi tutto al rapporto umano e devo dire che pur lavorando spesso da solo quando ho collaborato con Gallerie ho sempre trovato quello che cercavo.
Grazie Fabrizo , a presto
Exit Urban Magazine ha dedicato la cover Aprile 2020 a Fabrizio Musa
