Gianluca Migliorino: Creatività tra Arte e Design.

Gianluca Migliorino
Gianluca Migliorino

Quella di Gianluca Migliorino è una personalità eclettica, che spazia dal Design, la tecnologia, l’ìntuito e la creatività che si trasforma in collante.

Come da prassi lasciamo volentieri a Lui il compito e il piacere di raccontarsi…

Noi ci limitiamo a porre alcune domande….

Il tuo primo contatto con l’arte?
Non ricordo un vero e proprio primo contatto, ma tanti, infiniti contatti con tutto ciò che in
qualche modo esprime la bellezza e la fantasia umana, sono sempre stato completamente
affascinato da tutto quello che è l’espressione degli individui, da cosa l’uomo riesce a fare
quando deve raggiungere uno scopo.

Questo lo leggo in quasi tutte le attività creative, anche quelle professionali e ovviamente ritengo l’arte il punto più elevato di questo concetto.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?
Certe volte penso di averlo capito tardi, quando preso da un’irrefrenabile voglia di fare
rimpiango il tempo che non sono riuscito a sfruttare creando….la verità però è che ogni
singolo momento del mio percorso di crescita personale mi ha messo nelle condizioni di
fare quello che faccio.

Per una serie di motivi, pur volendolo, non ho potuto intraprendere
un percorso di studi che mi indirizzasse sin da subito al mondo dell’arte ma dentro di me il
fuoco è stato sempre quello.

Tutte le attività che perseguivo, sia lavorative che non, le vivevo in qualche modo supportato da una presenza creativa che mi insegnava giorno dopo giorno qualcosa di nuovo e che avrei potuto sfruttare per dar sfogo alla mia creatività.

Oggi penso che proprio questo percorso mi abbia messo nelle condizioni di
esprimere le mie idee nei modi più diversi.

La tua prima opera?
Ricordo due momenti ben definiti durante i quali ho sentito l’emozione di aver creato per la
prima volta qualcosa che avesse a che fare con l’arte, quindi sono due le mie prime opere
d’arte.

Una da bambino, forse undicenne o giù di lì, ricevetti dopo insistenti richieste in
regalo un kit per la pittura a tempera con tanto di tavolozza e quindi entusiasta iniziai a
dipingere come un piccolo Van Gogh.

Questo pittore non lo cito per caso perché proprio in quel periodo rimasi colpito dal suo celebre dipinto “La camera di Vincent ad Arles” che forse mi sembrava familiare, dipinsi un paesaggio autunnale con mulini a vento e il risultato fu soddisfacente, ovviamente ai miei occhi di bambino.

L’altra l’ho vissuta parecchi anni dopo, quando ormai trentenne decisi davvero di fare dell’arte una parte importante della mia vita.

Realizzai una serie di ritratti di icone pop americane, sperimentando l’applicazione di tecniche industriali abbinate a decorazioni manuali; il primo fu un ritratto di Marylin Monroe, intagliando dell’acciaio a specchio che poi andai a dorare in galvanica e successivamente decorai con un mix di acrilici e glitter, un’opera semplice sostanzialmente data dal contrasto lussureggiante dell’oro a specchio con il nero glitter sullo sfondo.
Quest’opera possiede anche un piccolo aneddoto “segreto”: per firmarla utilizzai un colore
acrilico 3d in tubetto e nell’eseguirla feci un piccolissimo errore che ovviamente non potei
correggere, fui così costretto a firmare tutta quella serie riportando lo stesso errore!
Quell’errore diede un non so che di “estetico” alla mia firma, ed alcuni anni dopo quando
con il mio amico Flavio Civita decisi di fondare la MIGLIORINO Design, la utilizzai all’interno del marchio come simbolo distintivo, e lo è tuttora.

Per fare arte, bisogna averla studiata?
Farla non significa raccontarla.

Per come la penso Io l’arte è una specie di linguaggio e come tutte le cose, se hai una predisposizione naturale e la affini studiando e praticando, sicuramente puoi raggiungere risultati migliori rispetto a quelli che raggiungeresti senza alcuno sforzo.

Sono un grande sostenitore di quanto l’impegno sia necessario per raggiungere i migliori risultati e ritengo che questo accresca concretamente l’animo delle persone che in qualche modo si misurano con la creatività.

Io non ho avuto, per una serie di scelte giovanili, la possibilità di studiare arte sui banchi di scuola, sento tuttavia la necessità di farlo quotidianamente quando voglio conoscere e farmi affascinare dalla creatività dell’essere umano.

La stessa cosa avviene quando voglio confrontarmi con questa o quella tecnica, posso dire di essere uno che non si è mai stancato di studiare e probabilmente mai lo farà, perché ho tanta sete di conoscenza e fortunatamente ho una fervida curiosità che la alimenta.

Cosa unisce alcune tue opere e la musica?
La musica è il mio primo amore, una delle mie tante passioni, accompagna qualsiasi mia
attività, da ragazzino sognavo di suonare in una rock band, scrivevo e componevo
tantissime canzoni, con i miei amici abbiamo avuto un rapporto con la musica da teenager
che si può dire essere stato viscerale.

Come scegli cosa ritrarre?
Non è una vera e propria scelta, bensì una “costruzione” mentale. In base a quello che
voglio trasmettere con l’opera a cui sto pensando inizio a configurare un immagine nella
mia testa che pian piano prende forma e diventa l’opera finale.

Tendenzialmente mi capitano due modi di concepire e realizzare un’opera d’arte.
Il primo caso, che è il più semplice, è quello che definisco “impulsivo”: causalmente mi
viene un’idea, magari guardando o ascoltando qualcosa, il cervello coglie l’input e lo
elabora fino a concepire una bozza dell’idea finale, poi ovviamente la affino, mi pongo il
problema di come realizzarla, lo capisco e lo metto in pratica.
Il secondo caso, più complesso, lo definisco invece “riflessivo”: può richiedere anche anni
di elaborazioni mentali, può anche non concretizzarsi mai magari, è quello in cui voglio
esprimere un concetto ma non riesco a trovare lo spunto, la scintilla che innesca il
meccanismo creativo.

Tra tutti i lavori che ho fatto ce ne sono un paio che proprio non volevano palesarsi dinanzi
alla mia immaginazione, una in particolare è una scultura dal titolo Digital Hysteria, che
vuole porre l’attenzione sul come il nostro pollice che scorre sullo schermo di uno
smartphone è complice dei social nel farci sbalzare l’umore in modo repentino ed
innaturale, scorrendo tra un post divertente, uno triste oppure uno di fake news,
generando inconsciamente un’isteria.

Quest’opera ha avuto bisogno di più di tre anni di gestazione nella mia fantasia, fino a quando, durante il primo lockdown, stando seduto davanti al computer assorto nel leggere alcune mail di lavoro, casualmente vedo mia figlia sul divano che scorreva il suo pollice sullo schermo dello smartphone….ecco…..l’impronta digitale…..digitale è un termine che in questo caso assume un doppio significato.

Ho immediatamente collegato l’immagine dell’impronta a dei volti che raffigurano i diversi stati d’animo di un uomo, tutti collegati alle linee dell’impronta, dopo alcune ore il progetto era praticamente finito.

Un aneddoto che ricordi con il sorriso?
Nell’agosto del 2013 fui invitato ed ospitato come artista al Festival Internazionale dell’arte tenutosi in un Castello nella valle della Loira in Polonia.
Fu il mio vero e proprio “debutto” nel mondo dell’arte, quella con la A maiuscola.
Il Festival durava due settimane e si teneva in una location incantevole e a tratti fiabesca, decisi quindi di parteciparvi con tutta la famiglia.

Mi fu assegnato uno spazio personale molto ampio a disposizione, quindi dovetti portare con me parecchie opere, che all’epoca fortunatamente erano soprattutto bidimensionali….e quindi un pò per la scarsità di finanze e un pò per la totale inesperienza decisi di affrontare il viaggio di quasi 2000 Km e il trasporto in auto, con moglie e figlia di due anni e mezzo (e quindi passeggino).

Un viaggio che potrei definire epico, perché oltre ad avere la macchina strapiena, con oggetti e persone alla rinfusa, fu anche caratterizzato dal fatto che all’epoca gli smartphone e le relative App di navigazione non avevano fatto la loro comparsa massiva.

In tutto questo, dovevo attraversare 4 nazioni con altrettante lingue differenti dalla nostra.

Potete immaginare il nostro arrivo in questa location che sembrava venir fuori da un racconto della Disney.

Se potessi incontrare un artista del passato , chi e cosa gli chiederesti?
Uno solo? troppo poco.

Vorrei poter incontrare i geni del rinascimento e sono sicuro che non riuscirei a chiedergli nulla, mi basterebbe vederli all’opera per qualche istante.

Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti?
Guardando indietro vedo solo esperienze che in un modo o nell’altro mi hanno permesso
di crescere, forse gli consiglierei di credere di più in se stesso e di non prendere la vita
come un esame, di sfruttare meglio il tempo a disposizione ed inseguire senza paure la
propria passione.

Quanto conta la comunicazione?
E’ sempre stata indispensabile, oggi ne è cambiata la forma e i mezzi, tutto è comunicazione e chi ci sa fare è avvantaggiato.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?
In generale, la percezione dell’arte dipende dal contesto culturale e storico in cui viene
vista e dalla prospettiva di chi la sta osservando.
In Italia, l’arte è praticamente parte integrante della cultura nazionale e della storia del
paese, siamo circondati da arte e bellezza, ci sono moltissimi musei e gallerie d’arte in
tutta la penisola, che ospitano alcune delle opere più famose del mondo.

Sicuramente c’è una sorta di abitudine all’arte, alla sua forma più “classica”, che da un lato mantiene alto il livello del confronto ma a volte paradossalmente può sfociare in disinteresse, sufficienza e negligenza.
All’estero forse questa componente è meno presente e quindi la percezione dell’arte (e
non solo) è sicuramente più aperta e in alcuni paesi, soprattutto in quelli più avanzati e in
crescita c’è parecchia predisposizione nell’investire su tutto ciò che ruota intorno all’arte.

Cos’è per te l’arte?
Un’esigenza, come ho detto prima è un linguaggio che ci permette di comunicare…e tutti
abbiamo l’esigenza di comunicare.

Cosa ti aspetti da un curatore ?
La massima professionalità

Cosa chiedi ad un Gallerista ?
Visibilità e comunicazione verso un pubblico interessato.

Quanto contano per te la luce e il colore?
Sono fondamentalmente parte integrante del lavoro, li vivo quotidianamente anche con il
mio “lato imprenditoriale” nel mondo del design.

Qualsiasi sia l’opera, l’oggetto oppure il progetto a cui sto lavorando c’è da confrontarsi con questi due fattori, oltre che ovviamente i materiali che poi ne devono interpretare quello a cui stiamo pensando.
Vivendo anche la creazione di un’opera d’arte, sotto l’aspetto costruttivo, come la
realizzazione di un oggetto “estetico”, la scelta dei materiali, dei colori e delle finiture non
sono mai casuali e studiati maniacalmente per confrontarsi con la luce e donare all’opera
finita la giusta importanza.

Grazie Gianluca per il tempo a noi dedicato.

Alessio Musella

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