Francesca Rachel Valle: alla scoperta dell’Arte.

Francesca Rachel Valle
Francesca Rachel Valle

Francesca Rachel Valle, studiosa e ricercatrice si è laureata all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1993 in Arti Visive con una tesi sulla realtà virtuale applicata all’arte.

Ha lavorato presso la Biennale di Venezia.

È stata operatrice didattica  museale presso la Sinagoga di Firenze e la Fondazione Palazzo Strozzi.

Da anni si occupa della valorizzazione delle attrattive storiche, artistiche, monumentali, paesaggistiche della città di Firenze, ma la sua passione è l’antico linguaggio della tradizione ermetica e scoprirne il significato na­scosto attraverso un analisi capillare delle opere d’arte.

Raramente abbiamo intervistato Professionisti così preparati e in grado di aprire le porte di mondi ai più sconosciuti con semplicità, preparazione e uno splendido sorriso.

Assistere ad una sua conferenza non può che rendere l’arte che fu una scoperta continua.

Attraverso le risposte alle nostre domande lasciamo sia proprio Rachel a raccontarsi.

Il tuo primo contatto con l’arte?

Avevo sette anni quando mio padre Vittorio mi portò alla Scuola dalmata dei SS. Giorgio e Trifone  a Venezia  a vedere il ciclo pittorico di Vittore Carpaccio, mi innamorai follemente del drago e di quel cavaliere, Giorgio, che non lo uccise.

Che formazione hai avuto?

Prima di iniziare gli studi, aiutavo mio padre nel suo lavoro di decoratore, sicché ero molto abile nell’applicare la foglia d’oro.

Ho studiato al Liceo Artistico per perfezionare il disegno e, subito dopo, ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Venezia, mi laureai in arti visive con il massimo dei voti ma senza la lode perché la mia condotta non era esattamente da nerd.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Credo fin da piccina, ma la vita è imprevedibile!

Ho iniziato come indoradora ( artigiana che applica la foglia d’oro ) poi a causa di una forte allergia ai solventi decisi di rimanere comunque nel mondo dell’arte, sicché cominciai a lavorare all’interno dei musei veneziani come guida museale e operatrice didattica per i ragazzi con difficoltà linguistiche e motorie. Ho lavorato presso la Biennale di Venezia e poi, qui, a Firenze alla Sinagoga.

Per molti anni mi sono occupata della programmazione e la didattica all’interno della Fondazione di Palazzo Strozzi, finalizzata ad avvicinare l’arte ai bambini con un linguaggio appropriato. 

Da una decina d’anni ho conseguito l’abilitazione alla professione di guida turistica qualificata, la mia attuale attività.

Come scegli i progetti o gli artisti da seguire?

Mi piace far conoscere aspetti poco noti degli artisti, credo sia importante raccontare le vite, come direbbe Giorgio Vasari, dei Pittori, Scultori e Architettori da un’altra prospettiva, ossia renderli umani, perché hanno vissuto come noi e non mi piace che siano ricordati solo sui libri di testo con nomi astrusi, privi di una loro storia personale.

Per questa ragione mi documento nei vari archivi, studiando le fonti certe, quando trovo notizie curiose le divulgo con grande piacere, usando un linguaggio semplice e non certamente accademico.

Sei al tuo terzo saggio, mi racconti come sono nati ?

Per una scommessa con mio marito!

Mi spiego, Francesco era fiorentino e la sua nonna paterna era dell’Isola del Giglio, quando si andava in vacanza d’estate mi capitò di raccontargli che l’isola fu acquistata da Eleonora de Toledo, la sposa di Cosimo I de’ Medici. Diceva che le mie erano belle novelle!

Di ritorno dalla vacanza, offesissima, andai in Archivio di Stato a Firenze a cercare i contratti di acquisto e lì mi si rivelò un mondo: trovai il testamento e lettere originali scritte da lei al figlio Francesco.

Così è iniziato il primo libro. Trovai tanto materiale inedito e decisi di tenere gli appunti da parte: non si sa mai!

Il secondo saggio dedicato alla Qabbalah ebraica alla corte di Cosimo I de’ Medici l’ho iniziato guardando il dipinto della “Castrazione di Urano” nel soffitto della sala degli elementi in Palazzo Vecchio, non mi tornavano le allegorie con la mitologia greca!

C’era qualcosa di strano! In seguito, trovai delle lettere che si scambiarono Giorgio Vasari con Cosimo Bartoli dove erano descritte le emanazioni divine, al che intuii che stavano parlando dell’albero sephirotico!

Così è iniziato il secondo libro.

Diario di Simboli, un mondo magico nascosto fra i monumenti fiorentini, l’ultimo saggio, nasce durante il periodo di clausura a causa della pandemia.

Ho ripreso in mano molti testi di iconologia che, per mancanza di tempo, non ero riuscita mai ad approfondire, così ho deciso di raccontare la storia dei simboli, giorno per giorno, superando un momento di follia collettiva causata dal Covid-19.

Mi pareva di vivere in una sorta di Decamerone, al posto dei personaggi di Boccaccio c’erano i simboli, miei compagni di avventura!

Un aneddoto che ricordi con il sorriso?

Quando alla mostra del Cinema a Venezia Jack Nicholson si mise ad ululare durante la proiezione del film “Wolf” in sala Volpi!!

Era seduto due file dietro di me e non me ne ero accorta!!!

Mi fa sempre ridere anche se sono passati tanti anni!

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Hieronymus Bosch, non ho dubbi!

Gli vorrei chiedere come nacquero le sue visioni … Sono stata quattro ore davanti al Trittico del Giardino delle delizie, affascinante da impazzire!

Quanto conta la comunicazione?

È fondamentale la comunicazione, sono per la divulgazione dell’arte con un linguaggio chiaro e accessibile, non mi piacciono i termini astrusi ma nemmeno la semplificazione della parola e  della comunicazione.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte tra Italia e estero?

Purtroppo in Italia, a mio avviso, si tende alla politica del feticcio, e mi riferisco anche alle scelte di molti direttori dei nostri musei.

Mi spiego: il David  di Michelangelo è meraviglioso, ma chi va alle Gallerie dell’Accademia al 90% non visita il piano superiore dove c’è una preziosissima collezione di arte trecentesca.

I grandi nomi sono certamente di grande importanza per il turismo ma non scordiamoci gli altri artisti italiani! Purtroppo sta diventando sempre più comune questa politica in Europa.

Io vorrei che gli italiani visitassero e scoprissero di più i musei italiani perché ci sono capolavori che ti tolgono il fiato!

Cos’è per te l’arte?

La mia scelta di vita.

Per proporre arte bisogna averla studiate?

No, assolutamente no!

Bisogna far intendere che l’arte è espressione dei nostri padri: noi siamo figli di Tintoretto, di Piero della Francesca, di Antonello da Messina … è troppo lunga la lista!

Chiunque sappia riconoscere la bellezza è amante dell’arte  e la può comprendere.

Per questo motivo ci vorrebbe un’altra educazione all’immagine, non quella insegnata noiosamente a scuola!

Cosa pensi dell’editoria di settore?

Ci vorrebbe maggiore offerta, non solo riviste specializzate per addetti ai lavori.

Grazie Rachel per il tempo dedicato

Alessio Musella

Intervista in collaborazione con www.prosperitas.info

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