Claudio Fazzini, Arte e Ombre

CLAUDIO FAZZINI
CLAUDIO FAZZINI

Classe 1976, dopo gli studi all’istituto d’Arte di Macerata prosegue la ricerca da autodidatta.

Ama sperimentare, troviamo le sue opere tra la materia e il digitale, innovazione e tradizione..

Abbiamo scelto di fare qualche domanda a Claudio Fazzini per meglio comprendere da lui il suo mondo creativo.

Il tuo primo contatto con l’arte?
Escludendo altre forme di arte come la musica, con cui praticamente sono cresciuto fin da piccolo, alle arti plastiche/pittoriche sono approdato tardi, dopo la scuola d’ arte, per altro penosamente frequentata. All’ epoca era la letteratura ad interessarmi soprattutto. Fuori dall’ istituzione diciamo, ho iniziato a frequentare le vite dei pittori attraverso le loro biografie e da lì ho iniziato a cimentarmi con(tro) l’ arte: poiché l’ arte è una guerra!

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?
Per me non si tratta nè dell’ una nè della altra. E’ un ossessione. Qualcosa che ti perseguita e che devi restituire su un sopporto quale esso sia. Non si può ” fare l’ artista” ma solo esserlo, e non in senso ontologico ma come visione del mondo. L’ artista possiede ( ma sarebbe più corretto dire è posseduto) da una visione che (de)forma le cose che ha attorno: le prende, le assume, manipola ed infine rigetta…a suo rischio e pericolo.

La tua prima opera?
Forse un ritratto di Necaev, il rivoluzionario Russo da cui Dostoevskij ha preso spunto per ” I Demoni“.

Come scegli cosa ritrarre ? 
Non scelgo più. Da tanto. Lavoro in maniera seriale. Un tema mi piove letteralmente in testa (può partire da una frase letta come da un brano musicale) e gli do forma con i materiali che per quella manìa (poiché si sviscera in maniera maniacale) ritengo più adatti. Sono scelto

Un aneddoto che ricordi con il sorriso ?

A Kotka, in Finlandia, per una doppia personale con una amica , durante l’ allestimento, abituato alle restrizioni Italiane in merito alla possibilità di mettere chiodi e quant’ altro, chiedo cosa e come posso fare e mi rispondono: ” Fai quello che vuoi perché poi a fine mostra noi riverniciamo tutto di bianco”. Un’ indicazione.

Quanto conta la comunicazione nell’arte?

Occorre capire cosa si intende per comunicazione. Artaud quando voleva comunicare evocava la peste, qualcosa di contagioso, incandescente,  quasi insopportabile.  Un rapporto enigmatico che certamente sfiora la morte (vedasi anche Bataille). Quella è..forse..una comunicazione: privata, faccia a faccia: un varco da attraversare/lacerare che porta chissà dove. Poi v’è la comunicazione di massa, quella un tempo fatta dalle riviste e manifesti vari (artistici o meno) ed oggi prettamente virtuale, con i social ecc. Una specie di iper riverbero che ha il vantaggio di poter arrivare a tutti in un secondo e lo svantaggio medesimo di questa temporalità a-storica che non lascia tracce. 

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte, tra Italia e estero?

Ho fortunatamente fatto molte mostre all’ estero, quasi tutta l’ Europa nelle principali capitali, ed ovunque ho notato una attenzione ed una disponibilità mancante in Italia. Sia per quanto riguarda la cura dell’ artista stesso, sia per la logistica degli spazi espositivi messi a disposizione in maniera totale e senza vincoli (vedi domanda precedente). Ovviamente non è sempre così e non è unilaterale la  cosa, ho fatto mostre bellissime in Italia certo ma diciamo che da “stranieri” si ha una maggiore ospitalità. C’ è poi la risposta del pubblico. Personalmente non me la pongo molto, nel senso che ognuno si specchia con quello che ha davanti fino magari alla decisione di appropriarsene del tutto ed acquistare l’ opera per esempio. Ma anche lí, in generale è sempre con Altra lingua che fioriscono domande e curiosità sull’ operazione artistica. Il che è paradossale.

Cosa ti aspetti da un gallerista

Ci sono i mercanti di arte e ci sono i galleristi. Questi ultimi sempre più spesso sono persone che gestiscono delle insegne colorate nominali  con degli spazi vuoti da affittare agli artisti smaniosi di emergere nel campo. Artisti spesso ingenui, a volte calcolatori, ma in ogni caso asserviti a questo sistema come unica possibilità per mettersi in vetrina e promuoversi, e dunque oliando l’ ingranaggio. Meccanismo che va inceppato assolutamente. Le gallerie finiranno per scomparire se non si innamoreranno di quello che promuovono e soprattutto rischieranno con le loro forze, cosa che vedo sempre più raramente fare.

Grazie Claudio per il tuo tempo

Alessio Musella

Intervista in collaborazione con Arti Services e Alessandra Korfias

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