Bianca Beghin e la sua sperimentazione artistica.

Bianca Beghin
Bianca Beghin

L’arte le permette di rappresentare le cose come le percepisce, attraverso un uso studiato e attento del colore. 


Nasce autodidatta per poi perfezionarsi negli ultimi anni attraverso la frequentazione di laboratori d’arte oggi porta avanti  una sua ricerca personale che l’ha portata all’uso di tecniche diverse.

Conosciamo meglio Bianca Beghin lasciando a lei il compito di raccontarsi attraverso le risposte alle nostre domande.

Il tuo primo incontro con l’arte?

Da ragazzina andavo nello studio di un pittore locale, attratta dal fascino bohémien di quel luogo e dal profumo dei colori ad olio e dell’acquaragia.

Lì presi in mano i pennelli per la prima volta e realizzai le mie prime opere.

La passione però era già latente da bambina, quando, come regali, chiedevo colori di ogni tipo, matite, tempere, pastelli a olio, chine… che, una volta in mano, mi permettevano di comunicare con più persone attraverso il disegno e la pittura.

Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?

Ritengo non ci sia divisione tra passione e professione.  

L’arte mi ha aiutato a capire questo e a vivere in sintonia con il mondo dell’immaginazione, con la scuola e l’insegnamento.

Le mie opere hanno trovato riscontro negli studenti, i primi osservatori, nelle persone che le hanno viste nelle prime gallerie, nei collezionisti che hanno letto nei quadri un messaggio legato al pianeta.

Ora ho certamente più tempo, ma ho sempre coltivato questa passione direttamente o indirettamente.

La tua prima opera?

La mia prima opera sono state delle bottiglie alla Giorgio Morandi; ero affascinata da questi oggetti intrisi di luce e poesia, dipinti senza troppi dettagli, ma capaci di emanare un silenzio struggente e infinito.

Ho realizzato quest’opera con una tecnica particolare che amavo molto, la china usata sulla tempera bagnata. Produceva degli effetti straordinari, slabbrava i contorni delle cose, penetrava dentro ed evidenziava l’anima dei miei soggetti.

Come secondo lavoro, ho realizzato, sempre a tempera e china, degli alberi, a testimonianza del mio feeling con l’ambiente naturale che dura tuttora.

Amo moltissimo stare all’aria aperta a contatto con la natura, godere delle sue piccole cose, camminare nei boschi, apprezzare i suoi meravigliosi spettacoli e sono convinta che si debba amarla,  rispettarla e proteggerla di più.

Per fare Arte, bisogna averla studiata?

Non necessariamente si deve studiare per creare un’opera d’Arte perché un artista deve possedere la creatività e l’esigenza di esprimerla, questo indipendentemente dagli studi intrapresi.

Personalmente, ho sempre sentito il bisogno di studiare, da sola o affiancata da “maestri”, perché nell’opera d’arte vi è sempre un mix di intuizione e pensiero, istinto e raziocinio, corpo e anima, creatività e studi.

Come scegli cosa ritrarre?

In questi anni, il soggetto principale delle mie opere è l’albero, essenza della Natura, nucleo necessario senza il quale non ci sarebbe vita ed espressione dello scorrere del tempo.

Con le mie opere, cerco di rendere omaggio alla magnificenza della Natura, spesso violentata dalle mani dell’uomo che, consapevolmente o no, sta producendo effetti catastrofici sul nostro pianeta.

Sono rimasta impressionata e colpita dalla tempesta Vaia che il 29 ottobre 2018 ha distrutto boschi alpini del Veneto, dove vivo, del Trentino e Friuli.  

14 milioni di alberi caduti, in prevalenza abeti rossi, su una superficie di oltre 40 mila ettari. Ecco cosa lascia il furore di una natura non rispettata che si ribella.

La Natura non è esterna all’uomo, come diceva Gabriele d’Annunzio, credo in una specie di identificazione uomo-natura, in una fusione di sensi tra l’elemento umano e quello naturale, vivo e in continuo movimento.

Le emozioni forti vissute mi hanno coinvolta, interrogata e costretta a dare un contributo personale attraverso le mie opere.

E’ proprio attraverso gli alberi, metafora di vita, che, con l’aiuto dei colori e della luce, posso esprimere sentimenti fisici e spirituali come il Furore, la Quiete, la Passione, lo Stupore o il Silenzio che canta.

Non cerco però una semplice raffigurazione degli alberi, vorrei, soprattutto, trasmettere  la voce della natura e il respiro delle mie emozioni, l’atmosfera che mi colpisce, la miscela di luce e oscurità che mi avvolgono in determinati luoghi.  

Cerco il sussurro della mia anima attraverso i colori che molto spesso scelgo al momento, proprio perché scaturiscono dall’interno.

Queste emozioni diventano un valore collettivo se solo riusciamo ad avvicinarci alla natura con animo sincero, consapevoli che l’ambiente è un bene individuale e collettivo da salvare.

Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?

Io amo molto l’artista Mark  Rothko, pittore statunitense di origine ebraico-lituana, uno dei maggiori esponenti dell’espressionismo astratto.

Le sue opere sono grandi campiture di colori che rappresentano bene la tragedia esistenziale dell’artista.

Lo spazio-colore che Rothko rappresenta , può essere percepito come restringente e ostile, oppure irresistibile, ipnotico, capace di evocare atmosfere immateriali.

La sua pittura è fatta di materia cromatica pura, luminosa e vibrante, contemplativa ed è ciò che mi piace, in particolare, di questo artista, la sua capacità di puntare sul colore, usato come fonte percettiva ed emotiva.

Se lo incontrassi, gli chiederei le vere motivazioni che l’hanno portato a lasciare la ricerca del divino attraverso la luce e il colore e a concentrarsi su colori sempre più cupi e bui che, almeno su di me, creano un’interruzione delle mie emozioni perché evidenziano l’assenza del divino e dell’infinito.

Nelle mie opere, invece, porto la sua luce e, come lui, vorrei abbracciare e avvolgere con i colori lo spettatore.

Se incontrassi te stesso a 18 anni, cosa ti consiglieresti?

Certamente mi consiglierei di essere più determinata nel vivere le mie passioni senza lasciarmi condizionare dai familiari.

A 18 anni,  sapevo già  che l’arte era la passione della mia vita e avrei dovuto seguire studi ben diversi da quelli umanistici intrapresi senza dover poi affrontare corsi di ogni tipo per colmare le lacune.

Sono comunque convinta come artista, che gli studi umanistici e filosofici siano stati utilissimi per poter insegnare, per poter lavorare con gli aspetti creativi dei giovani studenti, per poter capire che l’espressività ha molte forme che  sto mettendo insieme con la pittura, approfondendo tecniche sia tradizionali che moderne.

In questo modo rendo la mia arte più completa.

Quanto conta la comunicazione?

La comunicazione è essenziale nella vita e nell’Arte, ma diventa importante individuarne i giusti modi e i giusti strumenti per farlo.

Oggi la comunicazione è cambiata, i social, internet, la concorrenza, l’iperproduzione artistica fan sì che le vecchie regole debbano essere riviste. Il nuovo mondo dell’arte ha bisogno di essere raccontato, comunicato, promosso e venduto, nel rispetto dei suoi valori ,a nuovi appassionati e collezionisti, per rendere questo mondo sempre più accessibile.

Siamo inondati di troppe immagini che si consumano molto velocemente ed è invece importante curare anche i significati.

Una delle più grandi modifiche apportate di recente nel mondo dell’Arte, è la svolta verso il mercato online, ma penso che la stragrande maggioranza dei fruitori abbia ancora bisogno delle gallerie o di spazi pubblici per un rapporto diretto con le opere.

Penso che, da un lato, sia necessario pensare a buone strategie di marketing al di fuori del contesto online,  ma al tempo stesso, sarebbe perdente trascurare la presenza su Internet. Con la mia pittura e la mia Arte cerco di investire in entrambe le direzioni.

Che differenza c’è, nella percezione dell’arte. Tra Italia e estero?

Dal mio punto di vista, l’Italia è ricca di patrimonio culturale e artistico ma viene sottovalutata come ricchezza produttiva. Il patrimonio esistente è poco valorizzato e non ci sono proposte nuove e accattivanti capaci di attirare i giovani e gli amanti dell’arte ,  coinvolgendo un pubblico più eterogeneo.

Un artista poi da noi fatica mille volte in più.

Solo per fare un esempio, a differenza dell’Italia, in Norvegia, la rete di sostegno pubblico per gli artisti è solida: vengono stipendiati dallo stato, ci sono laboratori e atelier che vengono messi a disposizione e concrete sono le possibilità di ottenere fondi per un valido progetto.

Di certo non possiamo parlare così del nostro Paese!

Cos’è per te l’Arte?

L’Arte per me è una necessità, è il veicolo mediante il quale posso esprimere i miei pensieri, la mia espressività, il mio mondo interiore, rendendolo in parte comprensibile e condivisibile.

Entrare nella mia Arte significa entrare nella mia realtà,  divenirne partecipe e condividere la mia visione del mondo.

Come diceva Mark Rothko: “Un dipinto non è l’immagine di un’esperienza, ma è l’esperienza”, l’opera d’arte deve essere una finestra sulla realtà, un’apertura sul mondo, capace di trasformare il modo ordinario di vedere le cose.

Compito di un artista è aprire questa finestra, parlare della realtà e dell’esperienza umana nel suo insieme, non solo del mondo ristretto del suo essere.

Cosa ti aspetti da un curatore?

Un curatore prima di tutto dovrebbe conoscermi, capire me, la mia arte e ciò che voglio trasmettere con le mie opere, condividere i temi che voglio perseguire, in particolare essere sensibile alle problematiche ambientali.

Solo se esistono queste premesse, può occuparsi in maniera professionale degli aspetti organizzativi dell’esposizione artistica, definendo i contenuti dell’evento, scegliendo le opere e la location.

Il fruitore dell’opera d’arte deve percepire il feeling particolare che si instaura tra artista e curatore e che fa sì che l’opera d’arte sia valorizzata.

Cosa chiedi a un Gallerista?

Il mio gallerista ideale dovrebbe conoscermi, credere nelle mie opere e apprezzarne la tecnica, condividere le tematiche da me scelte e presentate.

Dovrebbe “cercare” la mia arte, promuoverla per farmi conoscere e contribuire anche a far aumentare le mie quotazioni e la mia notorietà.

Quanto contano per te la luce e il colore?

Sono  elementi inscindibili tra loro, la luce non è bianca, ma è una scomposizione di sette colori che formano l’arcobaleno. Il colore dunque viene dato dalla luce e da una particolare “sensazione” che si crea nel mio cervello nel momento in cui il mio occhio viene stimolato dalla luce di un oggetto.

Diceva Mark Rothko:” Io penso che il colore, aiutato dalla luce, entri in relazione con l’anima e comporti conseguenze emotive inattese”.

E’ per questo che Rothko è per me d’esempio e, come lui, vorrei riprodurre su tela il complesso universo emotivo dell’essere umano.

Grazie per il tempo a noi concesso

Alessio Musella

Intervista in collaborazione con Artonline20 e Fondazione Mazzoleni

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